Il jogging è divenuto molto comune in quanto è un esercizio aerobico, salutare per cuore e polmoni, praticabile da chiunque sia in un buono stato di salute. La pratica fu messa a punto e descritta dallo statunitense James F. Fixx che nel 1977 pubblicò il libro The Complete Book of Running dove ne venivano esposti i benefici.
Ironia della sorte, Fixx morì a soli 52 anni stroncato da un infarto fulminante poco dopo la sua corsa giornaliera, a causa della pessime condizioni delle proprie coronarie affette da una grave forma di aterosclerosi.
La definizione di jogging, al confronto di quella della corsa, non è standard. George A. Sheehan, un cardiologo e corridore statunitense, è citato per aver affermato che «la differenza tra una persona che pratica jogging e una persona che pratica la corsa [in competizione] è un modulo di iscrizione» («the difference between a jogger and a runner is an entry blank»).
Altri esperti sono più precisi, definendo il jogging una corsa sotto le 6 miglia orarie (10 minuti per miglio, 10 chilometri orari, 6 minuti per chilometro)
La maggior parte degli esperti concorda, nello stabilire la differenza tra la corsa e il jogging, che chi pratica quest’ultima attività corre ad una velocità inferiore ai 10 km/h. Dunque si potrebbe definire il jogging come una corsa leggera, volta a non affaticare l’organismo di soggetti non professionisti.
Il jogging ha un alto impatto sul corpo, affaticando in particolare le giunture del ginocchio. Ciò ha tuttavia un impatto benefico sull’area soggetta a stress. Molti praticano quest’attività per riuscire, dopo un dato periodo, ad affaticarsi di meno nel salire per le scale, camminare, nuotare e per facilitare la pratica di sport di vario genere.
È un eccellente rimedio per curare il cuore e la densità delle ossa, purché però ci si assicuri che la frequenza cardiaca si mantenga attorno all’intervallo di lavoro aerobico. Questo intervallo è prossimo al 75% della propria frequenza cardiaca massima. Poiché la frequenza cardiaca massima varia linearmente con l’età ed è pari a 220 – età, la frequenza cardiaca di lavoro aerobico è data da:
75% di (220 – la propria età)
Dunque per le età che variano dai 15 agli 80 si ottengono i seguenti dati:
220-15 = 205 => 75% di 205 = 153,75 (frequenza cardiaca aerobica indicativa di un quindicenne)
220-20 = 200 => 75% di 200 = 150
220-25 = 195 => 75% di 195 = 146,25
220-30 = 190 => 75% di 190 = 142,5
220-35 = 185 => 75% di 185 = 138,75
220-40 = 180 => 75% di 180 = 135
220-45 = 175 => 75% di 175 = 131,25
220-50 = 170 => 75% di 170 = 127,5
220-55 = 165 => 75% di 165 = 123,75
220-60 = 160 => 75% di 160 = 120
220-65 = 155 => 75% di 155 = 116,25
220-70 = 150 => 75% di 150 = 112,5
220-75 = 145 => 75% di 145 = 108,75
220-80 = 140 => 75% di 140 = 105 (frequenza cardiaca aerobica indicativa di un ottantenne)
La formula per il calcolo della frequenza massima cardiaca (FCM) “220 – la propria età” risulta piuttosto approssimativa, in quanto non tiene conto di diversi fattori che influenzano il suddetto valore. È perciò abitudine comune preferire la cosiddetta formula di Tanaka, di più recente determinazione, per il calcolo dello FCM:
FCM = 208 – (0,7 × età)
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