Uno studio epidemiologico trasversale multinazionale ha coinvolto partecipanti provenienti da 17 città in 12 paesi: Australia (Adelaide), Belgio (Gand), Brasile (Curitiba), Colombia (Bogotà), Repubblica Ceca (Olomouc e Hradec Kralove), Danimarca (Aarhus), Cina (Hong Kong ), Messico (Cuernavaca), Nuova Zelanda (North Shore, Waitakere, Wellington e Christchurch), Spagna (Pamplona), Regno Unito (Stoke-on-Trent) e Stati Uniti (Seattle, WA; e Washington, DC e Baltimora , MD).
Il reclutamento dei partecipanti è avvenuto individuando un adulto per ogni famiglia il quale doveva indossare un accelerometro, per misurare oggettivamente l’attività fisica.
L’inattività fisica è una pandemia globale, responsabile di oltre 5 milioni di morti all’anno ed è uno degli obiettivi principali delle Nazioni Unite per ridurre le malattie non trasmissibili.
Il miglioramento degli ambienti urbani facilita l’attività fisica o la diminuisce ?
Le persone che vivono in quartieri percorribili a piedi, densamente popolati, con strade interconnesse e vicini a negozi, servizi, ristoranti, trasporti pubblici e parchi, tendono ad essere più attivi fisicamente rispetto ai residenti di aree meno percorribili.
Vivere in ambienti più favorevoli all’attività potrebbe aiutare il residente medio a raggiungere il 45-59% dei 150 minuti/settimana di attività fisica raccomandati dalle linee guida sull’attività fisica quotidiana.
La progettazione degli ambienti urbani ha il potenziale per contribuire con quasi 90 minuti/settimana di attività fisica, ovvero il 60% dei 150 minuti/settimana raccomandati nelle linee guida sull’attività fisica quotidiana.
La pandemia dell’inattività fisica sta contribuendo allo sviluppo di numerose malattie non trasmissibili, pertanto se gli adulti tendono ad essere inattivi fisicamente quando vivono in quartieri ad alta densità e ad uso misto con destinazioni come negozi e parchi raggiungibili a piedi, bisogna trovare soluzioni di variabilità ambientale e dell’uso frequente di attività fisica.
Fonte
ncbi.nlm.nih.gov