Roberto Schoepflin ci racconta la sua storia di creativo come regista. Nato nel 1975 si occupa di pubblicità televisiva e web, videoclip, fiction televisive e cinematografiche, video didattici e/o dimostrativi, trasmissioni televisive e web, insomma, mi occupo di tutto ciò che richiede una ripresa, un montaggio e se necessario (vedi spot e fiction) una messa in scena.
Ha cominciato il suo percorso all’età di nove anni filmando con una piccola cinepresa super 8 Minolta regalatagli su sua (insistente) richiesta per il compleanno.
Roberto racconta: All’inizio era una Canon, ma poi me la cambiarono perchè era difettosa trattandosi tutto di materiale usato. Il super 8 infatti stava già per scomparire con l’avvento delle nuove tecnologie e del videotape. Mi ricordo che i primi filmini erano tutti neri…per lo più riprendevo in casa ma con una pellicola 40 asa (quella che passava il convento) e spesso, se non sempre, la luce era scarsa e questo non consentiva assolutamente alla pellicola di impressionarsi. La pellicola che usavo era sempre la kodachrome ma quando scoprii la agfachrome che costava meno della metà cominciai a usare quella, quando la trovavo, infatti non tutti i rivenditori ce l’avevano. Penso abbiano anche smesso di farla nell’arco di poco tempo per poca richiesta o fallimenti vari, non so. La differenza tra queste due pellicole però era notevole. La Agfachrome tendeva sempre un po’ più sul verde-blu a seconda degli sviluppi, e la Kodachrome un po’ più su i rossi ma con una gamma tonale ancora imbattibile. Sembra quasi di vedere un film in technicolor a volte. Il technicolor era quella tecnica che veniva molto usata per i colossal che rendeva più vivi i colori e più luminose le scene. Si usavano tre negativi per filmare e tutti e tre monocromatici, poi il colore veniva aggiunto in fase di stampa. Ecco più o meno il kodachrome era questo solo che invece di tre negativi ne aveva solo uno e tremite un processo chimico veniva colorato e invertito ottenendo uno splendido positivo colore. Io a distanza di più di 20 anni ho notato che il kodachrome non si è alterato né virato, mentre l’agfachrome ha subito un leggero viraggio sul rosso che però non va a correggere la tendenza verde-blu della pellicola in origine.
Successivamente mi attrezzai per il montaggio. Alla fine era molto facile trovare strumenti e accessori a basso prezzo se non regalati. Molti si disfacevano delle vecchie attrezzature per passare al videotape. Inizilalmente non me ne fregava niente ma poi cominciai a invidiare chi possedeva una telecamera che permetteva di rivedere subito quello che era stato girato. Io infatti per il super otto aspettavo dalle due alle tre settimane per averlo sviluppato dal laboratorio ( in svizzera).
Quando ebbi a che fare direttamente con le telecamere mi resi conto che l’immagine era diversa. Era piatta, sporca, poco nitida e luminosa e poi i movimenti delle persone sembravano irreali…
Mi sembrava molto lontana dall’idea di cinema che nel mio piccolo mi ero fatto. Quindi continuai a girare in super otto che, successivamente imparai anche a sviluppare con tank (sviluppatrici) di produzione sovietica comprata on line nel (da poco)EX est. Ho girato tanto con quella e altre cineprese prima di conoscere la beaulieu zm4 che poteva filmare anche alla velocità di 80 fotogrammi al secondo consentendo di ottenere dei bei rallenti.
Dopo i molti esperimenti e cortometraggi, alcuni mai terminati, provai a fare il passo verso un medio formato che era il 16 mm, molto usato per i documentari e le cronache televisive. E’ anche un formato, visto il costo ridotto, che induceva molti autori indipendenti ad utilizzarlo per i propri film.
Successivamente veniva stampato ( si dice in gergo, gonfiato) in 35mm per la proiezione.
In 16mm ho girato qualche corto e il mio primo lungometraggio a colori “pochi maledetti e subito”.
Ci sono voluti tre anni per girarlo e confezionarlo. Quasi tutto il film è stato realizzato artigianalmente, infatti molti degli interni sono stati ricostruiti in un garage…nemmeno troppo grande.
Durante quel periodo ho avuto modo anche di girare un cortometraggio (evolution) in 35mm, qualche spot destinato al cinema, alcuni videoclip musicali e un documentario sul regista toscano Lionetto Fabbri (Un ulisse rustico – Il cinema di L.F.)
Mentre mi occupavo di pellicola per richieste specifiche spesso mi venivano offerti lavori da realizzarsi in digitale. Non sono mai stato convinto della qualità del mezzo digitale ma personalizzando, rendendo diverso il linguaggio filmato si poteva ottenere qualcosa di interessante.
Questo l’ho potuto sperimentare in molti reportage di moda in cui veniva richiesto un filmato di backstage se non uno spot vero e proprio. Ultimamente però le cose sono ulteriormente migliorate e posso dire che attraverso i nuovi mezzi digitali come la reflex della canon 5d mark2 . Ora con un medio investimento riesci a ottenere ottimi risultati non troppo lontani dal 35mm cinematografico. Questo ti permette di lavorare ad alte qualità con minor spesa.
La cosa che può ingannare nel digitale è che tutto sembra più facile. In realtà no. E’ tutto molto più complicato. Ho capito che per ottenere delle buone immagini era necessaria una lavorazione che richiedeva pazienza, gusto ed esperienza. In realtà i canoni sono quelli della fotografia ma tutto per vie virtuali. Quindi sì, minor spesa, rispetto alla pellicola, ma uguale se non superiore lavoro.
Roberto Schoepflin
Nota
Roberto Schoepflin collabora con Emmegipress, agenzia di stampa internazionale.