Merendine, succhi di frutta, bibite gassate. “Innocenti evasioni” che però nascondono un nemico subdolo e insidioso. Soprattutto per i bambini. Un nemico che ha un nome dolce, fruttosio. Lo zucchero della frutta, che oggi viene molto usato nell’industria alimentare perché meno costoso, più dolce del saccarosio e senza potere cariogeno. Inoltre ha la caratteristica di avere un indice glicemico basso, cioè a parità di dose i livelli di glucosio nel sangue aumentano meno rispetto a quelli del saccarosio.
Con conseguente aumento lento anche dell’insulinemia. Ma non è tutto oro ciò che luccica. Uno studio effettuato su 271 bambini obesi nell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma ha evidenziato in molti casi un fegato grasso e ingrossato. Inoltre circa la metà di loro aveva nel sangue troppo acido urico, una sostanza che se in eccesso nell’organismo può provocare danni seri, come la gotta, ma non solo.
Ora, l’eccessiva uricemia può essere dovuta, oltre che a situazioni genetiche e ereditarie, a un’alimentazione ricca di frutti di mare, birra, carni rosse, fegato e frattaglie, selvaggina, asparagi, alici e acciughe. Una dieta improbabile nei bambini.
Ma l’acido urico è uno dei prodotti di degradazione dell’etanolo ma anche del fruttosio nel fegato. Forse il mistero si può spiegare con l’eccesso proprio del “mite” fruttosio nella dieta dei bambini. Perché nella frutta fibre, minerali e vitamine ne attenuano di molto l’effetto nocivo. Ma le merendine, le bibite, i succhi, invece, fanno arrivare il fruttosio direttamente al bersaglio senza possibilità di mediazioni. Ricordiamo inoltre che il fruttosio è anche probabilmente responsabile dell’eccesso di trigliceridi nel sangue.
Insomma, calcolando un valore limite di 25 grammi giornalieri di fruttosio nei bambini, evitiamo guai peggiori nel futuro. Torniamo a pane e olio, pane e pomodoro, frutta fresca, spremute. Perché i nemici peggiori si celano spesso sotto nomi dolcissimi.
Dott Duccio Magnelli