Lo stoicismo nasce ad Atene, dove Zenone di Cizio impartiva le sue lezioni nella zona del portico affrescato dell’agorà (la Stoà Poikìle), da cui questa corrente di pensiero prende il nome. Le lezioni si tenevano sotto questi portici dipinti poiché Zenone, non essendo ateniese ma un fenicio di Cipro, non aveva la possibilità di possedere una propria abitazione. La fase originaria di questa scuola di pensiero è detta stoicismo antico.
Più tardi, a partire dall’introduzione di questa dottrina a Roma da parte di Panezio di Rodi, ha inizio il periodo dello stoicismo medio. Si differenzia dal precedente per il suo carattere eclettico, in quanto influenzato sia dal platonismo che dall’aristotelismo e dall’epicureismo.
Infine, abbiamo il cosiddetto stoicismo nuovo o romano, che abbandona la tendenza eclettica, cercando di tornare alle origini.
Dopo la fine dell’età antica, vi sono stati tentativi di riproporre lo stoicismo come filosofia di vita e pensiero:
il neostoicismo fu una corrente filosofica del tardo Rinascimento, tra il XVI e del XVII secolo, la cui finalità era di unificare lo stoicismo con la fede cristiana;
lo stoicismo moderno è una corrente contemporanea nata negli Stati Uniti nella seconda parte del XX secolo, che riprende e aggiorna i principi della scuola stoica antica con un orientamento razionalista, alla luce della psicoterapia, della scienza moderna e del mondo attuale.
Gli stoici dividevano la filosofia in tre discipline: la logica, che si occupa del procedimento del conoscere; la fisica, che si occupa dell’oggetto del conoscere; l’etica, che si occupa della condotta conforme alla natura razionale dell’oggetto.
L’intera dottrina veniva paragonata ad un frutteto: la logica è il recinto che delimita il terreno, la fisica è rappresentata dagli alberi, mentre l’etica è il frutto.
Logica, fisica ed etica vanno pensati proprio come una scala che conduce verso la contemplazione finale. E l’etica, il cui frutto è la virtù, rappresenta l’ultimo gradino: si recupera in tal modo da Socrate la concezione intellettuale dell’etica, per cui il Bene è uno solo, e scaturisce dall’unico vero sapere.
Gli stoici sostenevano le virtù dell’autocontrollo e del distacco dalle cose terrene, portate all’estremo nell’ideale dell’atarassia, come mezzi per raggiungere l’integrità morale e intellettuale.
Nell’ideale stoico è il dominio sulle passioni o apatìa che permette allo spirito il raggiungimento della saggezza. Riuscire è un compito individuale, e scaturisce dalla capacità del saggio di disfarsi delle idee e dei condizionamenti che la società in cui vive gli ha impresso.
Lo stoico tuttavia non disprezza la compagnia degli altri uomini e l’aiuto ai più bisognosi è una pratica raccomandata.
Per la loro concezione fatalistica dell’universo, che prevedeva la realizzazione di un piano universale razionale perfetto, insito nell’ordine della natura, il termine “stoico” nel linguaggio popolare indica ancora oggi una persona che sopporta coraggiosamente le sofferenze e i disagi.
Questo è anche il senso della famosa metafora stoica che paragona la relazione uomo-Universo a quella di un cane legato ad un carro. Il cane ha due possibilità: seguire armoniosamente la marcia del carro o resisterle.
La strada da percorrere sarà la stessa in entrambi i casi; ma se ci si adegua all’andatura del carro, il tragitto sarà armonioso.
Se, al contrario, si oppone resistenza, la nostra andatura sarà tortuosa, poiché saremo trascinati dal carro contro la nostra volontà.
L’idea centrale di questa metafora è espressa in modo sintetico e preciso da Seneca, quando sostiene, riprendendo Cleante:
«Ducunt volentem fata, nolentem trahunt»
(«Il destino guida chi lo accetta, e trascina chi è riluttante»).
Fonte
it.wikipedia.org/wiki/Stoicismo