La vinificazione italiana, come gran parte dell’agricoltura, è sempre stata una prerogativa maschile, ma negli anni ’90 le donne iniziarono a farsi strada, quando i giovani provenienti da famiglie di proprietari terrieri rurali scelsero di intraprendere una carriera differente dal consueto.
Nel 1988 nasce una associazione di imprenditrici donne nel settore del vino, pioniere in un mondo di maschi. Iniziarono le eredi di consolidate tenute familiari e poi sommelier, ma anche imprenditrici che fondarono le proprie aziende vinicole.
Il mondo dei maschi osservava questo gruppo di donne con un pò di scetticismo, ma esse, lungimiranti e ben consapevoli, riuscirono ad aprire un varco in quel duro muro di sessismo influenzando il mercato con dei super vini.
Nel evolversi degli anni si arriva ad oggi in cui le donne, più dei maschi, sono attente al cambiamento climatico, alle richieste di pratiche più sostenibili e alle preoccupazioni sulla volontà della prossima generazione di farsi carico delle aziende vinicole a conduzione familiare.
L’obiettivo, secondo alcune delle intervistate dalla nostra redazione, è garantire la sostenibilità, controllando l’erosione del terreno ed evitando la sovrapproduzione per porgere le migliori condizioni alla generazione successiva.
Secondo stime raccolte dagli enti di settore si legge che le cantine italiane hanno prodotto 50,2 milioni di ettolitri di vino nel 2021, mettendo l’Italia davanti a Francia e Spagna.
L’Italia ha 718.000 ettari di terreno dedicati alla coltivazione della vite e consuma il terzo volume di vino al mondo; in questi ettari le donne sono presenti con il 28% delle imprese agricole con vigneto e/o cantina.
Nel contempo dando uno sguardo all’estero troviamo la prima viticoltrice nera del Sud Africa. Si chiama Ntsiki ed è cresciuta a Mahlabathini, un villaggio rurale nel KwaZulu-Natal, e si è iscritta alla scuola superiore nel 1996. Dopo aver trascorso un anno come collaboratrice domestica, nel 1999 le è stata assegnata una borsa di studio per studiare vinificazione all’Università di Stellenbosch.
Si è laureata nel 2003 in Agricoltura (viticoltura ed enologia) e l’anno successivo è entrata a far parte dell’azienda vinicola Stellekaya come enologo.
L’ambizione di Ntsiki di creare i propri vini è cresciuta in seguito a una collaborazione con l’enologo californiano Helen Kiplinger, come parte dell’iniziativa Wine for the World di Mika Bulmash.
È stato durante una cena e un bicchiere di vino con i suoi nuovi colleghi negli Stati Uniti che ha condiviso la storia dell’ispirazione dietro la sua ambizione.
La sua amata nonna è stata la luce guida nella sua vita ed è diventato ovvio che il suo nuovo marchio avrebbe dovuto chiamarsi Aslina in onore della matriarca.
Navigando in questo emisfero terracqueo troviamo Christelle Conne, enologa nei vigneti di Lavaux Patrimonio Mondiale UNESCO. Dopo aver completato gli studi in turismo e aver lavorato per 10 anni nel settore degli eventi, Christelle Conne ha rilevato nel 2013 il vigneto di 12 ettari dei suoi genitori a Lavaux, patrimonio mondiale dell’UNESCO.
Con il vigneto, ha ereditato un mestiere e un savoir- faire che si tramandano di padre in figlio fin dal XV secolo . Per suo padre fu difficile accettare che fosse una figlia invece che un figlio a prendere in mano la direzione dell’azienda vinicola.
Parliamo poi di Nathalie Escuredo, proprietaria dello Château Boutinet a Bordeaux che, sottolinea, non ha sempre lavorato nel settore del vino. Ha cambiato carriera nel 2008, dopo aver conseguito il DUAD (Diploma Universitario di Attitudine alla Degustazione di Vini) presso la Facoltà di Enologia di Bordeaux. Su 42 studenti erano solo sette donne.
In quel momento – dice fiera Nathalie – mi stavo già chiedendo perché fosse così. Sarà dovuto al disinteresse delle donne per questo corso o per il vino in generale? Lavoravo nel settore del turismo e già allora mi resi conto presto che molte donne erano alla reception, come guide, in ruoli di vendita e marketing, ma pochissime lavoravano nel consiglio di amministrazione, in particolare negli uffici turistici.
Durante le conversazioni con donne amministratrici, cantiniere, viticoltrici o enologhe, spesso avverto un certo disprezzo da parte degli uomini, o addirittura opinioni che vengono messe da parte.
Durante gli incontri osservo che le donne lavorano nel marketing, nelle vendite e, ovviamente, nell’enoturismo. Ma la parità di genere nei consigli di amministrazione, nei comitati amministrativi e negli altri organi di gestione è lungi dall’essere raggiunta.
Dovremmo cercare l’uguaglianza e la parità di genere a tutti i costi? Non credo. Credo che sia responsabilità di ogni donna affermarsi secondo le proprie scelte e aspirazioni. Si tratta di essere al posto che ti spetta e sapere come mantenere la tua posizione rimanendo fedele a te stessa.
Ed infine parliamo di una nostra collega giornalista: Amaya Cervera. Quando ha iniziato la sua carriera, come giornalista enologica, era verso la fine degli anni ’90 e l’industria vinicola spagnola era prevalentemente un dominio maschile. Nonostante allora esistessero enologi, sommelier e scrittrici di vino eccezionali, non era insolito per lei essere l’unica donna nelle degustazioni di vino.
A volte ai sentiva disprezzata, ma ero consapevole della delusione di alcuni produttori che si aspettavano che fosse il proprietario di quell’azienda a svolgere mansioni di comando e non volevano avere rapporti con me. Il numero di donne che lavorano nei diversi settori dell’industria vitivinicola è cresciuto in modo significativo negli ultimi 25 anni, ma la loro presenza in posizioni decisionali è ancora molto bassa.
Qualunque donna enologa, produttrice, direttrice commerciale o con altre funzioni in questo ambito ha vissuto situazioni di sessismo. Questo però mi ha dato più forza. La cosa più importante è avere tenacia, lavorare bene, ed i risultati arrivano.
Ovviamente il mondo del vino e dell’enoturismo oggi è cambiato molto, e altrettanto bene, perché era ora. Sono tante le donne che lavorano in questo settori e che svolgono un ottimo lavoro. Le apprezzo moltissimo, perché sono sicura che la maggior parte di loro ha lavorato tre volte più duramente di qualsiasi altro uomo nelle stesse condizioni per arrivare dove sono.
Rientrando nell’italica regione quelle donne che fondarono un’associazione a loro dedicata, oggi è un network internazionale con 10 associazioni simili in altre parti del mondo.
Nella IIª Convention mondiale, ospitata al Simei in Milano, a novembre 2022, hanno siglato un patto internazionale di collaborazione con le rappresentati di vari paesi come Argentina, Australia, Austria, Chile, Croazia, Francia, Georgia, Germania, Nuova Zelanda, Perù.
Emmegipress Int Ag.
Ginevra Marialuisa Derenzi Bordoni
Alina Nazaruk Hatawama