L’indagine preliminare è stata aperta dal Financier nazionale francese di Parquet, l’ufficio del pubblico ministero finanziario del paese.
L’Agenzia delle Entrate italiana aveva indagato sui pagamenti fiscali della società relativi alle vendite in Italia di prodotti Gucci tra il 2011 e il 2017, con conseguente liquidazione dello scorso anno.
Le autorità fiscali italiane avevano affermato che, distribuendo i prodotti Gucci in Italia attraverso la sua società svizzera Luxury Goods International, Kering aveva evitato di pagare le tasse in Italia.
Il pesante accordo di Kering ha gettato i riflettori sulle norme fiscali in Italia e in Europa, con alcuni esperti che hanno notato la mancanza di una legislazione coordinata nel continente.
Non è l’unica grande azienda internazionale a confrontarsi con le autorità fiscali italiane: Apple ha pagato 318 milioni di euro al Paese nel 2016, mentre Google ha pagato un totale di 306 milioni di euro per regolarizzare la sua posizione fiscale nel Paese l’anno successivo.
Kering ha confermato che le autorità francesi hanno aperto un’indagine sulle sue tasse nel febbraio 2019, ma hanno continuato a confutare le accuse di frode, a seguito di un rapporto pubblicato dal sito di notizie investigative Mediapart.
“Kering non era stata precedentemente informata di questa inchiesta”, ha detto il gruppo francese del lusso.
“L’indagine sembra essere collegata alle potenziali conseguenze per le società francesi di Kering derivanti da procedimenti legali avviati nel novembre 2017 che coinvolgono LGI, la controllata svizzera del Gruppo”, ha continuato. Tali procedimenti hanno portato a un accordo di 1,25 miliardi di euro tra Gucci e le autorità fiscali italiane nel maggio 2019.
“Kering rifiuta con la massima fermezza le accuse contenute nell’articolo di stampa e inoltrate da altri media”, ha detto il gruppo.
“Il gruppo intende collaborare pienamente con l’inchiesta, in completa trasparenza e serenità”, ha detto il conglomerato del lusso.
“Kering continuerà a comunicare in modo diligente e aperto sul contenzioso fiscale”, ha aggiunto.
Secondo i rapporti, l’indagine si concentra su un accordo finanziario che avrebbe consentito al gruppo di evitare di pagare 2,5 miliardi di euro di tasse tra il 2010 e il 2017, di cui 180 milioni in Francia, dichiarando le attività in Svizzera che erano state per lo più generate in Italia.
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