Il termine startup identifica l’operazione e il periodo durante il quale si avvia un’impresa. Si tratta di solito di imprese appena costituite, nelle quali vi sono ancora processi organizzativi in corso. Nello startup possono avvenire operazioni di acquisizione delle risorse tecniche correnti, di definizione delle gerarchie e dei metodi di produzione, di ricerca di personale, ma anche studi di mercato con i quali si cerca di definire le attività e gli indirizzi aziendali. Lo startup può anche essere collegato ad una offerta pubblica di vendita, ovvero a quell’operazione con la quale un’impresa immette sul mercato titoli propri, come le azioni. Questa operazione può essere concomitante con lo startup, in quanto un’azienda può decidere di quotarsi alla borsa valori proprio per agevolare la raccolta di capitale per avviare i propri processi produttivi. Le startup company, solitamente, presentano un alto rischio, ma anche una maggiore prospettiva di guadagno: infatti questo tipo di compagnie, in caso di successo, possono essere vantaggiose in quanto, essendo state appena avviate, utilizzano generalmente una limitata quantità di capitale, lavoro e terreni. [1]
Per avviare un’attività imprenditoriale è necessario compiere precisi adempimenti procedurali e fiscali. Ne esistono di due tipi:
1. specifici, ossia che variano a seconda del tipo di impresa costituita
2. generali, ossia comuni ad ogni impresa.
Fra quelli generali vanno ricordati:
l’iscrizione nel Registro delle imprese
l’apertura della partita IVA
l’iscrizione all’INAIL
Prima di compiere tali adempimenti, tuttavia, è necessario che il futuro imprenditore valuti attentamente la validità e l’attuabilità della sua idea di impresa, attraverso la realizzazione del Business Plan .
Dovrà, inoltre, ottenere una serie di autorizzazioni (per es. autorizzazioni di Pubblica sicurezza) e precostituire quelle condizioni necessarie per l’esercizio di un’impresa (ad es. rispetto dei requisiti di igiene, sicurezza ed idoneità dell’ambiente di lavoro; iscrizione ad Albi e/o Ruoli, etc.). [fonte 2]
Uno dei principali problemi per chi vuole avviare una startup, è, ovviamente, quello di trovare i soldi. L’accesso al credito per via bancaria in Italia è difficile già per aziende ben avviate, figuriamo per realtà nuove, ideate e gestite sovente da giovani e giovanissimi, in un Paese paternalista come il nostro, dove i giovani invece di essere considerati una risorsa per il futuro sono spesso visti soltanto come una seccatura. Le cose però potrebbero presto cambiare, almeno negli Usa: se J.o.b.s diverrà legge, chi finanzia un progetto attraverso una piattaforma di crowdfunding, diverrà a tutti gli effetti un investitore della società e quindi partecipare agli eventuali profitti e alle perdite di società non ancora quotate in Borsa. [Fonte 3]
Gli enti e le agenzie dovrebbero avere come obiettivo l’erogazione di un finanziamento a giovani imprenditori, sia nel settore lavoro autonomo che nella micro impresa. Questo vuol dire, in teoria, che un giovane disoccupato o inoccupato il quale non percepisca reddito, non è socio di aziende da almeno 3 anni e non è titolare di partita iva, può richiedere un finanziamento per:
A) l’apertura di uno studio professionale (lavoro autonomo);
B) l’apertura di un’impresa sia essa un negozio commerciale piuttosto che un bar o un ristorante e così via.
Il giovane disoccupato non deve aver superato il limite di età di 36 anni al momento della richiesta.
Nel caso che la sturtup viene accettata il finanziamento erogato è nella misura del 50% a fondo perduto, ossia nessuna restituzione della somma da parte del richiedente; mentre per la restante parte (cioè per il rimanente 50%) l’ente/agenzia finanzierà il giovane imprenditore tramite un finanziamento della durata di 3 anni.
La cifra che si può chiedere per la startup va da da circa 26mila euro (salvo aggiornamenti) per il lavoro autonomo e 130mila euro per la microimpresa.
La Legge 215/92 stabilisce i criteri per il finanziamento agevolato per l’imprenditoria femminile cioé le società cooperative e di persone costituite in misura non inferiore al 60% da donne, quelle di capitali le cui quote di partecipazione spettino in misura non inferiore ai due terzi a donne ed i cui organi di amministrazione siano costituiti per almeno i due terzi da donne e le imprese individuali gestite da donne.
Fonte [1] Wikipedia
Nota di redazione
La nostra agenzia di stampa, nata nel 1996, presentò ad un ente della Regione Toscana il suo progetto sul quale, dopo esser stato valutato non venne accettato; di solito l’ente o la regione o la provincia erogano finanziamenti a “fondo perduto” per sviluppare una particolare area sottosviluppata favorendo la nascita di nuove attività imprenditoriali o per favorire l’assunzione di particolari categorie di lavoratori o per potenziare e consentire uno sviluppo idoneo ad aziende ed imprese di un determinato settore (agricoltura, imprese artigiane, settore turistico ecc.). La nostra agenzia presentò a quell’ente due progetti: uno dedicato all’agricoltura biologica ed un’altro dedicato al turismo eco-compatibile. Ebbene, dopo aver ricevuto il diniego, la beffa: trascorso qualche mese i contenuti dei nostri progetti di startup furono interamente copiati ed anche presentati (faccia di culo) alla stampa locale (abbiamo documentazione). Per fortuna quei dirigenti sono morti di vecchiaia, altrimenti i finanziamenti a fondo perduto, i quali rappresentano uno strumento particolarmente interessante, non sarebbero stati erogati in questi anni ad altri fortunati giovani. La nostra esperienza, vuol essere però un monito per coloro che cercano finanziamenti in grado di supportare la realizzazione della loro Impresa nelle fasi di progettazione. D’altronde come dimenticare le frasi di quei dirigenti ? Vi lasciamo commentare le loro risposte:”A chi è intestata la vostra casa di abitazione?” – “Di quale partito fate parte?” – “Dovete impiegare minimo 12 persone nella redazione, se volete aprire una agenzia di stampa a Firenze”.