Il primo spumante italiano, nacque nel 1865 frutto del lavoro sinergico tra i fratelli Gancia e il conte Augusto di Vistarino; i primi esempi d’oltralpe, invece, si attribuiscono a Dom Pierre Pérignon, seppur popolare, l’attribuzione è poco documentata.
Alcuni scritti di epoca romana riportano dei vini con effervescenza naturale, ma con molta probabilità i romani bevevano il mosto che ancora doveva diventare vino; in effetti per poter mettere in pratica la tecnica di spumantizzazione vi è bisogno di un contenitore a tenuta stagna, come la bottiglia, che permetta di mantenere una sovrappressione di 6 atmosfere a 20 °C.
Tracce storiche di nascita del vino spumante si trovano nel XVII secolo in Italia e in Francia.
Il termine generico spumante designa (in relazione al processo produttivo e alla conseguente categoria merceologica) una tipologia complessiva di vino, definita per legge (vedi sopra). Tale tipologia è formata da molti prodotti diversi.
Anche se talvolta capita di leggere “spumante e champagne” come se fossero due tipologie di vino distinte, nella tipologia spumante è presente anche lo champagne che è una specifica DOP francese, sebbene sia certamente lo spumante più famoso e rinomato al mondo. Equivarebbe a dire “formaggio erborinato e gorgonzola”.
Il vino spumante appartiene alla categoria del vino effervescente, che comprende anche il vino frizzante che però non va confuso con lo spumante e viceversa (inoltre il vino frizzante non è un vino speciale).
La differenza è la minore effervescenza del frizzante rispetto allo spumante (data la minore sovrappressione e quindi minore quantità di anidride carbonica disciolta).
Secondo le definizioni dell’UE, all’atto dell’apertura della bottiglia di VSQ (Vino Spumante di Qualità) il prodotto all’interno deve avere una sovrappressione non inferiore a 3,5 bar ad una temperatura ambiente di 20 °C, per gli spumanti “generici” (VS) deve avere 3 bar minimi, come anche per un VSQA (Vino Spumante di Qualità Aromatico).
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